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I NOMI DELLA SHOAH ITALIANA

Memoriale delle vittime della persecuzione antiebraica 1943-45

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I nomi delle vittime e le relative informazioni biografiche, la storia della Shoah italiana e l'elenco delle fonti sono pubblicati nel volume di Liliana Picciotto a cura della Fondazione CDEC , Il Libro della Memoria, Mursia, 1991 ed edizioni successive, Milano.

Ulteriori notizie sulle biografie delle vittime in “Il Libro della Memoria”, Mursia

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La Shoah si svolse in Italia ad opera dell'occupante tedesco - che vi esportò la politica nazista di sterminio degli ebrei dopo l'8 settembre 1943 - ma ebbe come premessa la politica antisemita del governo fascista, intrapresa ufficialmente da Mussolini nel settembre del 1938.

Dal 1938 le diverse decine di migliaia di persone che il regime fascista classificò "di razza ebraica" tramite una speciale schedatura, furono oggetto di una politica di discriminazione politica, sociale, intellettuale, economica che li rese cittadini di secondo grado. Questa politica fu attuata con l'emanazione di un corpus legislativo che comprendeva leggi vere e proprie e minuziose circolari amministrative.
I risultati più vistosi dell'antisemitismo fascista furono l'espulsione degli ebrei dalle scuole statali - sia gli allievi che il personale insegnante; e l'esclusione dalla pubblica amministrazione, dalle professioni liberali, dal mondo della cultura e dello spettacolo.

Dopo lo scoppio della guerra, nel giugno del 1940, gli ebrei stranieri in Italia furono internati in appositi campi.

Alla vigilia del colpo di stato del 25 luglio del 1943 in Italia si registrava un impoverimento economico generalizzato della comunità ebraica e una riduzione del numero degli iscritti. Inoltre, molti ebrei erano riusciti ad emigrare all'estero, e quelli rimasti, senza più occupazione, furono costretti ad accettare lavori anche molto umili.
A quell'epoca il numero degli ebrei in Italia ammontava a circa 40.000.

L'8 settembre 1943 con l'annuncio della firma dell'armistizio da parte del generale Badoglio, la Germania si trasformò da paese amico e alleato, in paese nemico ed occupante.

Da quel momento gli ebrei italiani - fino ad allora preservati dalla deportazione nei lager nazisti in quanto cittadini di uno Stato alleato - caddero sotto il regime di politica di sterminio messo in atto dalla Germania nazista.

La prima retata tedesca avvenne nel Nord Italia, nella cittadina di Merano: gli ebrei residenti in quella città furono arrestati e mandati in Austria, nel campo di concentramento di Reichenau (e da lì, successivamente ad Auschwitz).
La seconda più importante retata tedesca fu quella del 16 ottobre 1943 a Roma. I tedeschi seguirono lo stesso meccanismo messo in atto a Parigi per la rafle du Vélodrome d'Hiver il 12 luglio 1942: arresti alle prime luci dell'alba, sfondamento di porte, fermi di intere famiglie. Gli arrestati furono "concentrati" nel Collegio militare di Via della Lungara, e da lì deportati ad Auschwitz.

Nel novembre 1943, in provincia di Cuneo i tedeschi rastrellarono oltre 350 dei circa 1500 ebrei che, a piedi, avevano varcato il confine italo-francese delle Alpi Marittime. Furono tutti concentrati nella Caserma degli Alpini di Borgo San Dalmazzo e il 21 novembre furono condotti in Francia e da lì deportati ad Auschwitz.

Altre retate tedesche si svolsero in altre città del nord Italia fino al Natale del 1943 e altri convogli di deportati diretti ad Auschwitz partirono dalle stazioni di Milano, Firenze, Bologna.

 

Nel settembre del 1943 si insediò a Salò il governo della Repubblica Sociale Italiana, guidato da Benito Mussolini. Sulla base di una nuova legislazione antiebraica, tale governo, il 30 novembre 1943, decretò l'arresto di tutti gli ebrei, il loro concentramento in campi provinciali provvisori (in attesa della costituzione del grande campo nazionale) e il sequestro dei loro beni.

Da allora furono le istituzioni della RSI a gestire la persecuzione antiebraica: le ricerche, gli arresti, i concentramenti furono predisposti da Prefetti e Questori e messi in atto da Commissariati di Pubblica Sicurezza e Tenenze dei Carabinieri.

 

La situazione per gli ebrei si fece penosissima. Essi cercarono a migliaia di varcare clandestinamente la frontiera settentrionale verso la Svizzera, o quella meridionale verso le zone già liberate dalle armate alleate. Quelli che non poterono spostarsi passarono nella clandestinità cercando appoggi e soccorsi presso la popolazione italiana, sia civile che ecclesiastica.

Il 5 dicembre 1943 fu costituito il grande Campo di Concentramento Nazionale per ebrei di Fossoli (presso Carpi) in provincia di Modena. Là vennero concentrati tutti gli ebrei sorpresi nei loro nascondigli o nelle loro case. Dopo la metà di febbraio, i tedeschi avocarono a sé la gestione del campo e così anche da Fossoli cominciarono le deportazioni. Furono organizzati 12 trasporti di cui la maggioranza fu diretta ad Auschwitz. Nell'estate del 1944 il campo di Fossoli fu evacuato e le deportazioni continuarono dal campo di Gries (3 trasporti), alla periferia di Bolzano, dove era stato allestito un altro Campo di Polizia e di Transito.

Nel frattempo, nel settembre del 1943 la città di Trieste cadeva sotto l'amministrazione tedesca come capoluogo del territorio denominato Zona di Operazione Litorale Adriatica. Gli ebrei arrestati dalla polizia tedesca vennero imprigionati nel carcere locale. Successivamente furono concentrati nel campo di Polizia e di Transito della Risiera di San Sabba, alla periferia di Trieste, da dove poi furono deportati (22 piccoli trasporti).

La violenza del regime di occupazione tedesco e del regime fascista italiano si esplicò non solo con gli arresti, le retate, le deportazioni, ma anche con massacri e uccisioni singole sul suolo italiano. Oltre 300 ebrei perirono in Italia in circostanze diverse dalla deportazione. L'eccidio sul Lago Maggiore (15-23 settembre 1943) e la strage delle Fosse Ardeatine (24 marzo 1944) sono forse le stragi naziste più note; ma altre ve ne furono, come quella di Pisa a casa della famiglia Pardo Roques, o a Forlì, nel campo locale di aviazione.

Altri ebrei perirono in stato di detenzione nei campi di concentramento o nelle prigioni o nel corso di tentativi di fuga o perché impossibilitati ad affrontare la vita randagia della clandestinità. Alcuni si suicidarono per non essere arrestati.

 

La destinazione principale delle deportazioni dall'Italia, come dal resto d'Europa, fu il campo di Auschwitz. Gli ebrei che vi giunsero dall'Italia furono più di 6000. Altri trasporti partiti dall'Italia furono diretti a Bergen Belsen. Gli oltre 400 deportati che furono rinchiusi in questo campo, riuscirono a salvarsi in quanto furono oggetto di scambio con tedeschi nelle mani delle potenze alleate. Alcuni trasporti, quelli partiti dall'Italia dopo il novembre 1944, furono diretti verso i campi di Ravensbrueck e Buchenwald, poiché ad Auschwitz era cominciata la fase di liquidazione del campo. Altri ebrei caddero nei rastrellamenti antipartigiani e, non riconosciuti come ebrei, furono deportati in campi di concentramento destinati agli oppositori politici.

Le vittime della Shoah in Italia furono oltre 7.000; i superstiti rientrati in Italia dalla deportazione furono il 12,5% del totale.

 

 

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